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Pensione ai superstiti

In caso di morte di un lavoratore che abbia maturato determinati requisiti contributivi e in caso di morte di un pensionato, ai superstiti spetta un trattamento pensionistico denominato "pensione indiretta" (in ipotesi di morte dell’assicurato) o "pensione di reversibilità" (in ipotesi di morte del pensionato).

Prima dell’entrata in vigore della legge n. 335/195, ogni gestione pensionistica aveva proprie regole circa il diritto e la misura della pensione ai superstiti.

Per i casi di decesso avvenuti a decorrere dal 17 agosto 1995, l’art. 1, comma 41, della  legge n. 335/1995 ha stabilito che "la disciplina del trattamento pensionistico a favore dei superstiti di assicurato e pensionato vigente nell’ambito dell’assicurazione generale obbligatoria è estesa a tutte le forme esclusive o sostitutive di detto regime".

Il citato comma 41 dell’art. 1 della legge n. 335/1995, ha introdotto anche due rilevanti modifiche, con effetto dalla stessa data del 17 agosto 1995:

nel caso in cui superstite è un solo orfano, la misura della pensione è pari al 70% dell’importo della pensione diretta (attribuita o attribuibile al "dante causa"), mentre per i casi di decesso verificatisi fino al 16 agosto 1995 resta pari al 60%;

nel caso in cui nel nucleo familiare dei superstiti non facciano parte orfani, con diritto alla pensione, l’importo della pensione di reversibilità è ridotto in relazione all’entità dei redditi del beneficiario.

Nel caso di morte del pensionato il diritto alla pensione di reversibilità ai superstiti, che ne hanno titolo, non richiede ulteriori accertamenti contributivi, essendo il dante causa già titolare del trattamento diretto.

Nel caso di morte di assicurato la pensione ai superstiti, che ne hanno titolo, spetta a condizione che il lavoratore, alla data della morte, potesse far valere almeno 15 anni di contribuzione, ovvero cinque anni di anzianità contributiva, di cui almeno tre nei cinque anni precedenti la data della morte.

La pensione ai superstiti spetta ai seguenti familiari del dante causa deceduto:

al coniuge superstite anche se separato legalmente. Se al coniuge superstite separato era stata addebitata dal giudice, a richiesta dell’altro coniuge, la responsabilità della separazione, il diritto alla pensione permane soltanto nel caso in cui risulti titolare di assegno alimentare, a carico del coniuge deceduto;

al coniuge superstite divorziato, sempreché ricorrano le seguenti condizioni: 1) il coniuge divorziato superstite sia titolare di assegno di divorzio; 2) il coniuge divorziato superstite non si sia risposato; 3) il rapporto assicurativo del coniuge deceduto, dal quale deriva il trattamento pensionistico, sia iniziato anteriormente alla data della sentenza che ha pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Nel caso in cui, dopo lo scioglimento del matrimonio, l’ex coniuge deceduto si sia risposato, il Tribunale dispone la ripartizione dell’importo della pensione ai superstiti tra il coniuge divorziato (che abbia mantenuto il diritto al trattamento pensionistico ai superstiti) e il coniuge con il quale il lavoratore (o il pensionato) era legato in matrimonio alla data del decesso (considerati entrambi contitolari dell’unico trattamento ai superstiti)

ai figli di età inferiore ad anni 18;

ai figli studenti di scuola media o professionale di età non superiore ad anni 21, a carico del genitore, al momento della morte e che non prestino lavoro retribuito. È da considerare irrilevante il reddito da lavoro occasionale e saltuario di modesta entità che non superi l’importo del trattamento minimo INPS, maggiorato del 30%;

ai figli studenti universitari, a carico del genitore al momento della morte, per gli anni del corso legale di laurea e comunque non oltre il 26° anno di età e che non prestino lavoro retribuito. È da considerare irrilevante il reddito da lavoro occasionale e saltuario di modesta entità che non superi l’importo del trattamento minimo INPS maggiorato del 30%;

ai figli di qualunque età riconosciuti inabili e a carico del genitore al momento della morte;

ai soggetti che sono equiparati ai figli legittimi o legittimati ai sensi dell’art. 38 del  DPR n 818/1957 e cioè: ai figli adottivi e agli affiliati, a quelli naturali legittimamente riconosciuti o giudizialmente dichiarati, a quelli nati da precedente matrimonio dell’altro coniuge, ai minori regolarmente affiliati dagli organi competenti a norma di legge, nonché, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 180 del 20 maggio 1999, ai nipoti minori viventi a carico degli ascendenti assicurati o pensionati.

Quindi anche i nipoti minori, purché a carico del nonno o della nonna deceduti, sono equiparati ai figli legittimi e legittimati, e quindi inclusi tra i destinatari diretti della pensione ai superstiti. Nel caso del nipote di età inferiore ai 18 anni, occorre che questo sia stato mantenuto dall'assicurato o dal pensionato deceduto e che si trovi in una situazione di bisogno per la quale non sia autosufficiente economicamente.

La sentenza n. 180/1999 della Corte Costituzionale prevede, quindi, la possibilità dell’erogazione della pensione ai superstiti, anche nel caso in cui il giovane non sia orfano, in quanto la presenza di uno o di entrambi i genitori non è di ostacolo al riconoscimento della pensione, anche se è necessario dimostrare che nessuno dei genitori è in condizione di provvedere al mantenimento del figlio, sia perché essi non svolgono alcuna attività lavorativa, sia perché non hanno fonti di reddito;

ai genitori: in mancanza del coniuge, dei figli e dei nipoti, possono usufruire della pensione ai superstiti anche i genitori che, alla data della morte del lavoratore o del pensionato abbiano almeno 65 anni, non siano titolari di pensione e che risultino a carico dell'assicurato o pensionato deceduto con un reddito non superiore all'importo del trattamento minimo maggiorato del 30%;

ai fratelli e le sorelle: in mancanza del coniuge, dei figli, dei nipoti e dei genitori, possono usufruire della pensione ai superstiti anche i fratelli celibi e le sorelle nubili che alla data della morte del lavoratore o del pensionato siano inabili al lavoro, anche se minori, non siano titolari di pensione e che risultino a carico dell'assicurato o pensionato deceduto con un reddito non superiore al l'importo del trattamento minimo maggiorato del 30%.

Fra le condizioni richieste ai superstiti diversi dal coniuge e dai figli minori per acquisire il diritto a pensione occorre possedere la condizione di "a carico" del dante causa al momento del suo decesso.

Per l'accertamento di tale condizione viene seguito il criterio all'uopo indicato dal Ministero del tesoro - IGOP (v. Ministero del tesoro circolare 11 ottobre 1996, n. 713) secondo il quale sussiste la condizione di "a carico" quando lo stesso superstite, durante la convivenza e con riferimento alla data di morte del dante causa, risulti non aver posseduto un reddito annuo superiore al trattamento minimo INPS, maggiorato del 30%.

Perché i figli, i nipoti e gli equiparati maggiorenni studenti o inabili superstiti, siano considerati a carico del genitore o del nonno deceduto, devono trovarsi in uno stato di bisogno, non essere autosufficienti economicamente ed è necessario che al loro mantenimento provveda l'assicurato o il pensionato deceduto.
Sono considerati a carico:

i figli ed equiparati maggiorenni studenti che hanno un reddito che non supera l'importo del trattamento minimo maggiorato del 30%;

i figli maggiorenni inabili che hanno un reddito che non supera quello adottato per il riconoscimento del diritto alla pensione di invalido civile totale;

i figli maggiorenni inabili, titolari dell'indennità di accompagnamento, che hanno un reddito che non supera quello adottato per gli invalidi civili totali aumentato dell'importo dell'indennità di accompagnamento.

Nel caso di non convivenza del superstite con il dante causa, viene fatto riferimento al "mantenimento abituale" da parte del dante causa. Tale accertamento avviene anche mediante un esame comparativo dei redditi dell’uno e dell’altro per stabilire se il dante causa concorresse in maniera rilevante e continuativa al mantenimento del superstite interessato

i cespiti da considerare sono esclusivamente i redditi assoggettabili ad IRPEF, al netto dei contributi assistenziali e previdenziali, con l’esclusione dei trattamenti di fine rapporto, comunque denominati (e delle eventuali relative anticipazioni), del reddito della casa di abitazione e delle competenze arretrate sottoposte a tassazione separata.

La pensione ai superstiti decorre dal primo giorno del mese successivo a quello del decesso del pensionato o dell’assicurato e spetta in una quota percentuale dell’importo della pensione attribuita al pensionato o che sarebbe spettata all’assicurato.

Le aliquote di reversibilità sono stabilite nelle seguenti misure:

coniuge superstite solo

60%

coniuge superstite e un  figlio

80%

coniuge superstite e due o    più figli

100%

Qualora abbiano diritto a pensione soltanto i figli, le aliquote di reversibilità sono le seguenti:

un figlio: 60% per le pensioni aventi decorrenza anteriore al 1° settembre 1995; 70% per le pensioni aventi decorrenza dal 1° settembre 1995 in poi;

due figli: 80%;

tre o più figli: 100%

Qualora abbiano diritto i genitori o i fratelli o le sorelle, le aliquote di reversibilità sono le seguenti:

 un genitore o un fratello o sorella:

15%;

 due genitori o due fratelli o sorelle:

30%;

 tre fratelli o sorelle:

45%;

 quattro fratelli o sorelle:

60%;

 cinque fratelli o sorelle:

75%;

 sei fratelli o sorelle:

90%;

 sette o più fratelli o sorelle:

100%.

I nipoti hanno le stesse aliquote di reversibilità stabilite per i figli.

La somma delle quote non può, comunque, superare il 100% della pensione che sarebbe spettata all'assicurato.

Oltre all'estensione della disciplina del trattamento pensionistico ai superstiti di lavoratori iscritti all'Assicurazione generale obbligatoria a tutti i regimi previdenziali, la stessa legge n. 335/1995, all'art. 1, comma 41, ha anche sancito l'introduzione di disposizioni che prevedono la riduzione dell'assegno spettante in presenza di determinati redditi percepiti dal beneficiario del trattamento stesso. I limiti reddituali che determinano una decurtazione dell'assegno pensionistico ai superstiti e le relative percentuali di cumulabilità sono:

con reddito superiore a tre volte il trattamento minimo annuo del F.p.l.d. (calcolato in misura pari a 13 volte l'importo in vigore al 1° gennaio dell'anno di riferimento) = 75% del trattamento;

con reddito superiore a quattro volte il trattamento minimo = 60% del trattamento;

con reddito superiore a cinque volte il trattamento minimo = 50% del trattamento.

I predetti limiti di cumulabilità non operano, però, se il beneficiario fa parte di un nucleo familiare con figli di minore età, studenti o inabili.

L’art. 1, comma 41, della legge n. 335/1995 stabilisce che, nei casi in cui il beneficiario della pensione ai superstiti non faccia parte di un nucleo familiare con figli contitolari del trattamento, "gli importi dei trattamenti pensionistici ai superstiti sono cumulabili con i redditi del beneficiario, nei limiti di cui all’allegata tabella F. Il trattamento, derivante dal cumulo dei redditi di cui al presente comma, con la pensione ai superstiti ridotta non può essere comunque inferiore a quello che spetterebbe allo stesso soggetto, qualora il reddito risultasse pari al limite massimo delle fasce immediatamente precedenti quella nella quale il reddito posseduto si colloca".

Le ricordate regole saranno applicate integralmente alle pensioni con decorrenza successiva all'entrata in vigore della riforma dettata dalla legge n. 335/1995, art. 1, comma 41. Sono comunque fatti salvi i trattamenti più favorevoli in atto alla data di entrata in vigore della riforma con riassorbimento dell'eccedenza sui futuri miglioramenti.

Il diritto alla pensione ai superstiti cessa nei seguenti casi:

per il coniuge, qualora contragga nuovo matrimonio. Al coniuge che cessi dal diritto alla pensione per sopravvenuto matrimonio spetta un assegno per una volta tanto pari a due annualità della sua quota di pensione, compresa la tredicesima mensilità, nella misura spettante alla data del nuovo matrimonio;

per i figli minori, al compimento del 18° anno di età;

per i figli studenti di scuola media, professionale o universitaria, quando prestino attività lavorativa dalla quale ricavano un reddito superiore al limite stabilito per essere considerato "a carico", o interrompano o terminino gli studi e comunque al compimento del 21° anno di età per gli studenti di scuola media o professionale e al compimento del 26° anno di età per gli studenti universitari. La prestazione di un’attività lavorativa da parte dei figli studenti, il superamento del 21° anno di età e l’interruzione degli studi non comportano la revoca ma soltanto la sospensione del diritto alla pensione. In sostanza, fermo restando che il diritto non sorge ove alla data del decesso del dante causa non sussistano le condizioni richieste, nel caso in cui tali condizioni vengano meno nel corso del godimento della prestazione, la pensione viene sospesa e, quindi, ripristinata allorché cessi la causa che ha determinato la sospensione;

per i figli inabili qualora venga meno lo stato di inabilità;

per i genitori qualora conseguano altra pensione;

per i fratelli e le sorelle qualora conseguano altra pensione, o contraggano matrimonio, ovvero venga meno lo stato di inabilità.

Nel caso in cui alla data di morte di un lavoratore iscritto non sussista il diritto alla pensione ai superstiti, sia per carenza dei requisiti contributivi per la pensione diretta, sia perchè nessuno dei superstiti, cui in ordine di priorità sarebbe spettato tale diritto, possedeva i requisiti soggettivi prescritti, al coniuge superstite o, in mancanza, ai figli (minori, studenti, inabili) spetta un'indennità "una tantum".

Nel sistema contributivo l’indennità è pari all’importo mensile dell’assegno sociale moltiplicato per gli anni di contribuzione in possesso dell’assicurato deceduto. Spetta alle seguenti condizioni:

mancanza dei requisiti per la pensione indiretta (cinque anni di contribuzione, di cui almeno tre versati nel quinquennio precedente la data del decesso);

mancanza del diritto alla rendita INAIL in conseguenza della morte del lavoratore;

presenza dei requisiti reddituali previsti per l’assegno sociale.

Nel sistema retributivo l’indennità è liquidata in proporzione all'entità dei contributi versati, purché nel quinquennio precedente la data della morte, risulti versato almeno un anno di contributi. L'importo di questa indennità è pari a 45 volte l'ammontare dei contributi versati in favore dell'iscritto; tale ammontare non può comunque essere inferiore a € 22,31, nè superiore a € 66,93.

 

 

 
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