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Il Welfare State: ieri, oggi, domani
Per chi volesse iniziare la lettura ecco il primo capitolo.
Per chi fosse interessato ad acquisire un copia rivolgersi a Teseo Editore Roma o direttamente al nostro sito.

Relazione del presidente (2012)

Relazione CIV Inpdap 2011

Relazione COVIP 2010

Relazione del presidente (2010)

Imprese italiane, Servizi finanziari e assicurativi
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Con i rendimenti negativi i fondi rilanciano l’economia reale

 

Di nuovo i Bot registrano rendimenti negativi, ma la negatività finalmente costringerà i fondi pensione ad investire nell’economia reale.

 

Anche l’Italia è entrata nel gruppo elitario dei paesi con solida struttura economica: i rendimenti dei suoi titoli di debito finalmente sono negativi al pari di paesi come la Germania e la Svizzera. Il mercato, nonostante i rating, confermati in BBB e quindi non esaltanti, la inserisce nei paesi sostenibili e senza rischio defalut. La ufficializzazione di questo è avvenuto con la discesa dei tassi sui BOT trimestrali sotto zero, in linea con la financial repression. La financial repression, è quella situazione economico-finanziaria nella quale le banche centrali del G20 spingono i tassi di mercato su valori minimi in modo tale da alleggerire la pressione sul debito pubblico.
Venerdì scorso il rendimento dei BOT a tre mesi sul mercato secondario è sceso a -0,05%. il BOT a sei mesi allo 0,22%, quelli a dodici mesi allo 0,38%.
Nel 2011, quando lo spread Btp-Bund raggiunse ll record storico di 575 punti base (oggi è a 110), il rendimento dei BOT semestrali arrivò a superare il 6%.
Questo scenario può essere l’occasione buona per costringere i fondi pensione a mutare politica d’investimento, senza abbandonare la connaturata prudenza, sulla quale comunque vigila la Covip.
Hanno sempre privilegiato gli investimenti in titoli di debito, in ciò incoraggiati oltre dalla loro redditività, anche per far sottoscrivere tutti i titoli messi all’asta.
Ancora nel 2014 il patrimonio dei Fondi è investito per il 61,1 per cento in titoli di debito, di cui i quattro quinti sono titoli di Stato. Solo il 16,1 per cento è investito in azioni e il 12,6 per cento in quote di OICR (Organismi di investimento collettivo di risparmio).
Con i rendimenti negativi , se vogliono mantenere la redditività degli anni scorsi, devono aprirsi ad altri asset, altrimenti i rendimenti medi dello scorso anno, dal 5 al 7% diventano chimere irraggiungibili. La scelta ovvia sarebbe direzionarsi da subito verso il settore azionario, ma ci sono ampi rischi di volatilità. Oggi i Fondi sono aiutati i da uno strumento in più, il credito d’imposta previsto dalla legge di stabilità 2015 cui possono accedere qualora facciano investimenti fra quelli individuati dal Mef.
Il settore delle energie rinnovabili per esempio, può rappresentare un’alternativa di investimento particolarmente interessante.
«In un contesto internazionale caratterizzato da incertezza, con tassi di remunerazione del capitale molto bassi associati a rischi crescenti, l’Italia è il posto giusto verso il quale indirizzare gli investimenti di lungo termine, tipici dei fondi previdenziali, per almeno tre ragioni: finanza pubblica sotto controllo e stabile nel lungo termine, con un quadro politico-istituzionale che sarà più funzionale grazie alle riforme; una crescita sostenibile nel lungo termine perché sostenuta dalle riforme strutturali; e una profittabilità crescente degli investimenti .” Queste le riflessioni del Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan a conclusione del convegno “Dalla previdenza all’economia reale” tenutosi il 22 ottobre 2015 a Roma sul tema dei Fondi e Casse Pensioni privatizzate.
L’investimento diretto in infrastrutture e nelle PMI non quotate non è realistico per le difficoltà di controllo e monitoraggio che gli investitori istituzionali potrebbero avere su grandi progetti infrastrutturali o sul reale andamento di società non quotate. Bisogna creare forme di investimento indiretto attraverso la loro partecipazione in fondi specializzati e dedicati. In questo caso sarebbe interessante riprendere un percorso che era stato iniziato con la Cassa Depositi e prestiti con il governo Letta, che poi è stato abbandonato dall’attuale governo.
Sui fondi specializzati vi è una notevole attenzione della Commissione Europea che sta procedendo ad emanare nuove norme in materia. Si prevede l’istituzione di fondi comuni specializzati nell’investimento di lungo termine dotati di passaporto europeo, in modo da poter operare in tutto il territorio comunitario.
Prevedere la possibilità che i Fondi investano in tali strutture consentirebbe sia l’apertura del risparmio previdenziale al finanziamento di particolari settori dell’economia reale, che una maggior tutela degli aderenti attraverso una maggiore diversificazione degli investimenti e la presenza di operatori specializzati.
È opportuno evidenziare che meno del 10% della capitalizzazione delle società italiane quotate è riferibile agli investitori istituzionali. C’è solo la difficoltà della scelta. Il Decreto ministeriale sul credito di imposta, all’articolo 2 individua una larga possibilità di investimenti di tipo settoriale (progetti infrastrutturali, turistici, culturali, ambientali, idrici, stradali, ferroviari, portuali, aeroportuali, sanitari, immobiliari pubblici non residenziali, delle telecomunicazioni compresi quelle digitali e della produzione e trasporto di energia). In questo panoramica c’è una grave assenza che è costituita dal settore agroalimentare cui il governo dovrebbe rapidamente rimediare. Il decreto consente gli investimenti in questi settori sia attraverso l’acquisto diretto di azioni di società o enti che vi operano, che tramite l’acquisto di obbligazioni o altri titoli di debito, di azioni o quote di organismi di investimento collettivo del risparmio di durata non inferiore a cinque anni.

 

 

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